FILIPPO LA VACCARA – IPERMETAFISICA
Una faccia barbuta di lana bianca, con due occhi sporgenti di ceramica lucida, sospesa a mezz’aria ci guarda. Una statua anomala e “hyper” “metà” “tà” “physikà” (che tradotto dal greco significa “più in alto e oltre la fisica”).
Due “veggenti”, De Chirico e Carrà, incontratisi in un ospedale psichiatrico a Ferrara, cento anni fa, avevano scelto il nome “metafisica” per indicare un preciso riferimento filosofico ad Aristotele e a quella parte del pensiero greco antico che descrive una realtà che trascende quella immediatamente conoscibile ai sensi.
Il primo, De Chirico, diceva che il sogno travalica le funzioni cerebrali di spazio, tempo, causalità cogliendo una realtà più vera. Quel senso di sorpresa e quel raggiungimento di una realtà non contingente sono per lui lo scopo dell’arte.
Per il secondo, Carrà, invece, l’arte è soprattutto ricerca di valori formali puri, di volumi come per Cézanne, come nella pittura italiana a cavallo tra Tre e Quattrocento, indipendente da ogni descrittività o narratività, come in quella di Antonello da Messina, capace di far convergere l’attenzione sopra dettagli misteriosi.
Tutto questo riecheggia in questa mostra siciliana. Un “eccesso” di metafisica si condensa nelle ultime opere di La Vaccara. Paesaggi vuoti, edifici come geometrie, nature essenziali, che invitano allo spaesamento per sentirsi di nessun luogo e, quindi, di tutti i luoghi.
Le opere che qui vediamo sono simbolo, come il grande cervo che ci accoglie in mostra. La perdita dei palchi/corna che si rigenerano miracolosamente in primavera è stata spesso associata alla resurrezione di Cristo. Il rinnovo continuo della vita, il processo di morte e rinascita. Cadendo e rinascendo con una ramificazione in più, aumento di forza con l’età. Raffigurato accanto al Buddha, che si dice si fosse reincarnato in una vita precedente in un cervo dorato. Animale leggiadro ed elegante collegato anche al Mercurio alchemico, che fa da intermediario con la sostanza psichica, da ponte tra conscio e inconscio, fornendoci la straordinaria possibilità di illuminare l’interiorità e permettere al Sè profondo di manifestarsi nell’evidenza (in modo chiaro e illuminante), nella maturità (saggezza e forza delle idee), nella capacità di concretizzare l’invisibile in maniera aperta (offerto pienamente alla vista).
Le opere sono presenze, come la testa in terracotta, che ci osserva, muta, mettendoci in bocca nuove storie e in mente nuove riflessioni, di altre facce come allo specchio.
Le opere sono “medium”, sono veicolo, come questo furgoncino, scultura leggera in carta e legno, che vola sulle nostre teste.
Una prospettiva ribaltata, un dettaglio, un oggetto, un’ombra fuori posto, un viaggio intimo che lo spettatore percorre da solo, alla ricerca di se stesso.
Mercedes Auteri
Artista:
Filippo La Vaccaranasce a:
Catania, 1972Curatela:
Mercedes Auteri, Aldo PremoliData:
14 Luglio 2020Date:
2 Maggio 2020